Ricordo ancora il giorno in cui misi piede in un campo di calcio, era l'autunno del 2009 e la Società era il Druento calcio, un paesino alla periferia di Torino, dove il calcio non è fatto per vincere, ma per una lodevole aggregazione sociale, un'alternativa alla strada per i tanti ragazzi del posto.
Rividi un campo di calcio dopo 5 anni di nulla, o meglio di tanto, ma per chi come me fa del calcio una delle poche ragioni di Vita, il periodo passato lontano dai campi è stato un inferno.
Ricordo ancora l'ultima partita giocata da calciatore: era il 23 dicembre del 2004 quando in quel di Melicuccà un paesino della piana di Gioia Tauro, appesi le scarpe al chiodo.
Quando inizia ad allenare ho capito che un grande calciatore può essere un pessimo allenatore e viceversa, sono 2 mondi tanto vicini ma così diversi che per certi aspetti non si assomigliano proprio: quando giocavo pensavo soprattutto a me stesso, da allenatore devo pensare ai giocatori, ai genitori, alla società, allo staff, e perchè no anche ai tifosi, soprattutto a quelli che tifano contro.

Ricordo ancora la partita tra il mio Atletico Torino e l'Accademia Inter di Milano, una partita epica giocata davanti a 1000 persone in un Palatucci gremito di pubblico, dove i tanti spettatori locali avrebbero voluto la vittorie ospite. Invidia, cattiveria, odio, un prezzo da pagare per una persona che ha solo la colpa di vincere, vincere, vincere, come le 3 finali regionali consecutive, 2 titoli, 1 Chianciano. Ma se ridere delle disgrazie altrui lo sanno fare in molti, riconoscere qualche merito è un gesto fin troppo nobile e grande per delle persone piccole piccole.
Ed è anche per questo che trovo la forza per continuare, dove ogni allenamento è una finale di Champions League, dove ogni partita è una finale della Coppa del Mondo, accompagnato da uno Spirito combattivo che non ha eguali, dove vincere non è importante, ma l'unica cosa che conta, specialmente per voi.
Nessun commento:
Posta un commento