Partendo da questa frase vorrei condividere con voi la mia riflessione quotidiana: partiamo dal principio che il bullismo uccide, il cyberbullismo ancora di più. Un fenomeno così vasto che tocca da vicino ognuno di noi.
Vite spezzate, ferite aperte, comportamenti che mutano, anime tristi, questo è il lungo bollettino da guerra che il bullismo è in grado di fare. Di storie ne abbiamo sentite tante, tutte con un triste epilogo, l'arma letale è sempre la stessa.

Quando si parla di bullismo si parla di branco, ragazzi che da soli non farebbero del male ad una mosca, ma che insieme possono uccidere. Vogliano sentirsi forti a discapito di qualcuno, non hanno la maturità di un quarantenne e nemmeno il self control di un pugile professionista.
Il sentimento che li accomuna è un'innata cattiveria verso qualcuno, un profondo disagio che li accompagna da quando sono piccoli, una frustrazione che sfocia in violenza quasi sempre verbale ma che non conosce nè limiti nè pause, nè conclusioni.
Il bullismo esiste ed esiste davvero, non è nè una metafora nè un romanzo, ma un fenomeno così drammatico che chi lo subisce avrà danni permanenti, del resto alcune ferite che non si chiudono mai. C'è chi di bullismo è morto, molti ragazzi non ce l'hanno fatta a superare tutto il male che per decenni hanno dovuto subire. Di solito chi soffre non parla, si sente in difetto, capisce di essere fragile e di questo si fa anche un colpa.
Il maltrattamento psicologico inflitto alle vittime è così forte da causare traumi irrecuperabile per qualsiasi psichiatra, ragion per cui prevenire il bullismo diventa azione primaria. Ma se da un lato sensibilizzare gli studenti diventa impresa assai ardua, dall'altro diventa imprescindibile formare i docenti al fine di vigilare e reprime sul nascere azioni che potrebbero nuocere gravemente alla salute.
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